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pearl jam
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NO CODE
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Epic / Sony
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Questo atteso No Code, la cui pubblicazione è stata
rinviata per quasi un anno, conferma la svolta intrapresa già con
Vitalogy (1994) dalla ormai più celebre band di
Seattle.
Invece di ricalcare le orme dei primi lavori, Ten (1991) e
VS (1993), Eddie Vedder e compagni hanno
a poco a poco abbandonato i ritmi serrati e le chitarre
arrabbiate, presenti solo in una paio di tracce, per esplorare
più a fondo le possibilità espressive delle ballate,
tranquille, ma estremamente coinvolgenti. Atmosfere più
rarefatte, cariche tuttavia di tensione emotiva e
comunicatività.
Non una rivoluzione copernicana, ma una evoluzione che
mantiene inalterati alcuni punti fissi, tali da rendere sempre
inconfondibile il loro sound. Si fa sempre sentire l'eco,
l'influenza degli anni passati ad ascoltare Neil Young,
senza che però vengano minate creatività ed
originalità.
Desiderio di riflessione e di reinvenzione, dunque, per
una band che sembrava già avere la strada segnata, desiderio che ha
portato ad un album non di portata storica, ma che fa ben sperare sulle
possibilità di palingenesi e
rinnovamento della musica americana.
Alessandra MURA (16-10-1996)