Dio ci scampi dai ventennali (ma anche dai decennali, compleanni, ricorrenze, omaggi sparsi che sanno di formalina...). Seppure non ufficialmente il 1997 è stato quello del '77, e anche se nessuno se l'è sentita di dare la stura a celebrazioni di cui francamente nessuno sente il bisogno, ecco che l'apparire in forma di "visibilità" massmediologica di alcuni "percorrenti" quella stagione come Scozzari o il Pazienza protagonista di questa splendida antologica curata dai fratelli Michele e Mariella, ha portato con sè il consueto spiacevole bagaglio di dietrologie assortite. Che vale la pena di fugare subito: il Pentothal come alter-ego del Pazienza "bolognese" (correva il '77, appunto...) è solo uno (e forse nemmeno dei più interessanti, in prospettiva dello sviluppo del suo segno) dei possibili "caratteri" dell'universo multiverso di Pazienza. Come recita l'azzeccatissimo titolo di una personale a lui dedicata dal Centre belge de la Bande Dessinée l'anno scorso, Pazienza ci ha lasciato la più sintetica ed elusiva traccia "testamentaria" per lo sforzo continuo di amorosa comprensione della sua vita e della sua opera da parte di chi ha amato/odiato Zanardi e Pompeo, avrebbe voluto combattere con Pert, fumare con Pippo lo sballato, vivere nel mondo magico di Astarte: "di me amate il riflesso".
Che per chi non si è mai completamente identificato con le proprie storie, le proprie vignette, i propri proclami, non rappresenta una comodo schermo per celare all'agiografia postuma le contraddizioni continue (politiche, certo, ma anche etiche: si vedano le tavole disegnate per il referendum contro la caccia che contengono le matite dello stesso Pazienza che va a caccia di cervi...) ed inevitabili che scaturivano da una personalità troppo "ricca" per militare per più di un quarto d'ora per un'idea qualsiasi: è anzi la maniera più sincera possibile per potersi immergere nella sua opera senza la frenesia di un'unica e granitica chiave di comprensione.
Il "viaggio" proposto da questa antologica a Bologna equivale ad una apnea emotiva ed estetica in una dimensione che Pazienza ha sì creato, ma della quale egli stesso ammetteva di non conoscere i confini, nè di possedere l'unica copia di chiavi per forzare l'ingresso, e la sensazione più evidente di fronte a suoi quadri è di non riuscire a dominarne colori e dimensioni, di scoprire alla fine del proprio percorso visivo che Pazienza è già uscito dal contorno per rifugiarsi più in là. Poi se volete potete affannarvi a contare tutte le tavole ispirate da Moebius, o da Crumb, e azzannarvi su quanto a sinistra fosse, e più di chi, e su quanto fosse schifa quell'Italia (ma c'eravamo un po' tutti, no?), ma questo va bene solo se vi chiamate Mollica.
[Indice] [Aiuto] |
[Cos'è DM]
[Chi è DM]
[Storie] [Visioni] [Letture] |
[HomePage] [Tempozero] |