Cinema
NELLA SOCIETA' DEGLI UOMINI
di Neil Labute



Il film si apre simbolicamente dentro un bagno per uomini: luogo antropologicamente devoluto all'istintività socialmente non corretta del maschio, ma anche per questo specchio rivelatore del reale stato di "progresso" dell'armonia sociale, qui sotto la speciale lente della sopraffazione fra i sessi nella relazione amorosa. In effetti il film solo ad una lettura ingenua (e così è puntualmente stato per i media) punta il dito contro un presunto fallocratismo maschile odiosamente replicato nei rapporti gerarchici di un qualsiasi modello produttivo post-fordista (qui rappresentato dall'entità sfuggente e coercizzante dell'azienda per la quale lavorano i tre attori, capace di spostare gli individui nel territorio come pedine, modificarne il metabolismo sociale annullandone il "tempo libero" e uniformandone la visibilità sociale -tutti gli uomini vestono camicia bianca e cravatta scura-); in realtà, lo sguardo di Labute, mira più in "basso", ad osservare, con la crudeltà compiaciuta dell'entomologo dilettante, lo sviluppo tutto antropologico -e solo poi, sociale- della cieca e crudele lotta fra individui -e non dunque, solamente, fra uomini e donne-.


Operazione ambiziosa, e che prevedibilmente offre un risultato speculativo inferiore alla volontà del regista, che non trova di meglio che "chiudersi" in un voyeuristico kammerspiel (tutte le scene vedono i personaggi in interni, perfino nello zoo safari il dialogo è condotto dentro la macchina di servizio, e nelle scene riprese sul tetto del palazzo il regista insiste per sottolineare il "perimetro" che chiude gli attori) per mettere in scena una storia dai personaggi rigidi nella loro programmaticità: il bello e crudele, il brutto e pavido amico, e la perfino irritante candida sordomuta, vittima dello scherzo crudele. Ma non vi è ne vi può essere approfondita analisi delle pulsioni individuali che agitano i personaggi, perchè altra motivazione il loro agire non ha, se non quello di infliggersi reciproca sofferenza nel tentativo di dare sostanza palpabile al proprio esistere (in effetti tutti lavorano grazie a ciò che sostanza non ha per eccellenza oggi, il software...), che è forse la nota più lucidamente pessimistica del film. Ma dietro una patina emotiva evidente, che farà sussultare di orrore epidermico lo spettatore meno agguerrito criticamente e imbizzarrire contro il proprio compagno qualche spettatrice in sala, la pellicola offre molti meno motivi di "realtà" di quanti vorrebbe, proprio per la struttura "esemplare" e claustrofobica (pronta per una trasposizione teatrale, verrebbe da suggerire...) che limita nel tempo l'effetto emotivo. Al termine del film (ottimo il commento sonoro) ci si risveglia come dall'ascolto di una favola crudele, ma pur sempre favola, e ci si convince questo scoperto male non ci riguarda, "de nobis fabula non narratur", e possiamo tornare alle nostre sopraffazioni più sottili e socialmente accettabili...


Leonardo (10-12-97)





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