Sarebbe un'inutile fatica cercare una chiave d'analisi per un film che ha la sua ragione d'essere proprio nel rifiuto di qualsiasi chiave interpretativa: questo copione, riesumato dalla fortuna commerciale di Pulp Fiction, sta alla stregua dei vari divertissement tarantiniani (nemmeno tutti riusciti, vedi "Four Rooms"), ma con un atout in più: spingendo sul pedale dell'affastellamento barocco dei generi del "gore" e del "road movie" si mette al riparo dalla necessità di ogni coerenza di ordine narrativo e visivo.
Curiosamente l'unica ambizione palese del film (manifestare la contiguità possibile di quei generi che Hollywood aveva rigidamente categorizzato) fallisce, poichè rimane, anche nello spettatore più ingenuo, la sensazione di assistere a due intrecci farraginosamente suturati (migliore forse la prima, con qualche -voluta?- inversione\citazione da "Natural Born Killers", ma sicuramente più esilarante la seconda), ma, vale la pena ricordarlo, non siamo ancora di fronte all'atteso "nuovo" film di Tarantino (anche perchè la regia è di mr. "El Mariachi" Rodriguez). Le facce che riconoscerete sono di Harvey Keitel, Juliette Lewis, Tarantino stesso e George Clooney.
Leonardo (22-05-97)
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