Come troverete anche nell'intervista rilasciataci da Mertens
stesso, Jardin Clos riannoda il
percorso compositivo della "Petit Ensemble Music" come
egli stesso l'ha spesso definito e che sembrava essersi fermato con il
bellissimo Shot and Echo / A sense of place.
Molta attesa derivava anche da alcuni percettibili segni di
involuzione del precedente Jeremiades: una
tendenza pericolosa all'avvitamento della voce sul piano e
viceversa, che sembrava soffocare le finalità comunicative dei suoi
lavori per pianoforte (quel "telling stories" di cui va
fiero).
Qui il respiro è tornato a farsi ampio (e non solo per
l'organico orchestrale di cui si avvale): anzi, è da
rimarcare un nuovo tocco di "levità" romantica
grazie alla chitarra di Peter Verbraecken in "As hay
in the sun" ed in "Pierced Heart"; al piano trattato in
"A Secret Burning"; gli archi di "Hedgehog's skin" e in
"Not me", che rinnovano quel personalissimo bagaglio
minimalista che lo contraddistingue.
Completano questo bellissimo disco (che oseremo definire
di "transizione", perchè sembra già contenere i
germi di una successiva evoluzione) una "Often a Bird" che
per certi versi rimanda inconsapevolmente alla wave romantica di In
the Nursery, e le tipicamente "mertensiane"
Wound to Wound, Out of the Dust e A Secret
Burning.
E, per cortesia, toglieteci Mertens dagli scaffali
new-age...