storie di musica

WIM MERTENS


Intervista Una cornice di eventi piuttosto singolari e, peraltro, piuttosto discutibili, ha accompagnato il concerto di Wim Mertens a Bologna alla fine del mese di luglio (dove ritorna puntualmente da qualche anno a questa parte, in occasione di ogni sua uscita discografica): un luogo altamente evocativo come la facciata di un piccolo convento-comunità abbarbicato su uno dei dolci rilievi che abbracciano il centro storico, la sproloquiante verve mediatica del professor Antonio Zichichi capace di infilare più di una mezz'ora di pericolose sciocchezze sulla necessità dell'energia nucleare e su di una pretesa "neutralità" della scienza di fronte alle applicazioni del suo braccio, la tecnologia, e della sua mente, la politica e, infine un delirante recital poetica di anonima (ed è bene che resti tale) interprete.
Nel mezzo, l'evento: ovvero Mertens e il suo personalissimo telling-stories, costruito intorno alla sua fisicità sghemba ed intensa, e al monologare univoco di pianoforte e falsetto, alla ricerca di un codice narrativo in musica che faccia piazza pulita della necessità delle parole e che è alla base della sua attività di compositore fin dagli esordi all'inizio degli anni Ottanta.
Quello che compare qui di seguito è il modesto tentativo di tracciare con lui una breve mappa di quella ricerca, con tutti i limiti di un'intervista fortunosamente negoziata (intorno alla sua privacy vigila la presenza severadella bellissima moglie) e necessariamente abbreviata dalla stanchezza del dopo concerto (dove si è concesso a parecchi bis). Foto Concerto


D R
In occasione dell'ultima tua data qui a Bologna, circa due anni fa, presentasti dal vivo il materiale che sarebbe uscito poi nel live EPIC THAT NEVER WAS del 1994, lasciando immaginare che dovesse in qualche modo concludere la ricerca per sola voce e pianoforte già in STRATEGIE DE LA ROPTURE e nei più "antichi" AFTER VIRTUE e A MAN OF NO FORTUNE, AND WITH A NAME TO COME. Ci attendevamo insomma un disco sullo stile dei "gemelli" SHOT AND ECHO e A SENSE OF PLACE con quel largo uso dell'orchestra che è sempre stata la tua cifra stilistica più evidente. Invece è arrivato questo JÉREMIADÉS, ancora solo per pianoforte e voce. Dobbiama considerarla una scelta definitiva?
La ragione principale per far uscire JÉREMIADÉS è stata di ordine storico-produttivo: i pezzi che compongono questo lavoro sono stati registrati nel 1991. All'epoca peraltro stavo lavorando ad un progetto più ampio e he prevedeva l'utilizzo di più strumenti che non il solo piano-e-voce, per così dire da seguito a JÉREMIADÉS e a SENSE OF PLACE. A settembre uscirà questa nuova musica per ensemble, il cui titolo dovrebbe essere JARDIN CLOS.

In altre occasioni hai dichiarato che attraverso i tuoi brani musicali ti premeva raccontare delle storie. Immaginiamo che anche per JÉREMIADÉS, che pure è evidentemente ispirato all'Antico Testamento, sia accaduto lo stesso. Puoi raccontarci le circostanze che hanno ispirato quest'ultimo lavoro?
Penso che JÉREMIADÉS sia una specie di modo generale, o una maniera storica e fondamentale di raccontare storie: storie di gioia, storie di speranza, ma anche di cose molto negative. In questo senso JÉREMIADÉS è sempre presente nella mia musica, perché ho sempre cercato di creare diversi e nuovi modi di raccontare.

Per questo lavoro l'ispirazione viene dai fenomeni dell'Antico Testamento, anche se non è così strettamente legato alla storia di Geremia e Gerusalemme. Sopra ogni altra cosa volevo dar rilievo al fatto che la mia più grande ispirazione è quella di raccontare storie. Il racconto è fatto di musica e parole, di cantare e suonare, del contatto diretto in un concerto, di solo piano-e-voce registrati in studio. Questo è l'aspetto più profondo della mia opera.


Ci piacerebbe affrontare un aspetto della tua produzione per così dire "parallelo" a quello "ufficiale": ci riferiamo a due lavori multipli a lunga durata (sono tre cofanetti doppi o tripli, in tutti e due i casi, n.d.r.) quali ALLE DINGHE e GAVE VAN NIETS, dalle strategie musicali quesi estremistiche rispetto al resto della tua produzione. Ce ne puoi parlare?
Per me non esiste una grande differenza tra i due tipi di produzione: semplicemente la mia ambizione mi impedisce di lavorare su percorsi distinti; voglio che la mia musica contenga "tutto". Cioé ogni proporzione esistente, ogni concetto puù astratto, ogni opposizione o contatto con le cose, tutto ciò dovrebbe essere presente in tutta la musica, tutto insieme. Succede così che a volte ti focalizzi su uno di questi aspetti, ed è quello che è successo in queste due produzioni che hai ricordato. Sono state una specie di riassunto per me. Ogni 5, 7 o 10 anni redigo una specie di bilancio di dove sono in quel momento, in modo da non sentirmi limitato dalle regole, o dalle compagnie di registrazione o dalle aspettative del pubblico, ma solamente per formulare a modo mio la musica. Sono molto fiducioso di vedere i risultati di questo procedere, e poi ho molta fiducia nella mia capacità di non commettere errori.

Abbiamo lasciato involontariamente fuori da quest'analisi il tuo disco forse più "radicale" e che è poi il tuo primo in assoluto. Parliamo di FOR AMUSEMENT ONLY, dove ti sei "divertito" a costruire micropartiture musicali a partire dai suoni di quelli che allora erano la prima generazione dei videogiochi da bar (il riconoscibilissimo "riff" di Space Invaders ad esempio). Perché non c'è stato un seguito a quella ricerca così anticipatoria delle attuali idee "manipolative" dell'elettronica contemporanea?
Quel progetto probabilmente è stato il più importante per me perchè è quello che mi ha fatto iniziare (sorride). E' sempre difficile iniziare le cose, solo quando hai iniziato tutto si fà più semplice. Comunque, in quel lavoro ho utilizzato "informazioni elettroniche" perché, almeno nel mio caso, non era così scontato chiamare dei musicisti per suonare la mia musica. Giusto qualche mese dopo, però, ho composto CIRCULAR BREATHING, MULTIPLE TWELVE, AT HOME NOT AT HOME, tutte le vecchie composizioni insomma, VERGESSEN e STRUGGLE FOR PLEASURE. Quello, allora, divenne un passo molto semplice, ma l'inizio, a 28 anni, con FOR AMUSEMENT ONLY non era così scontato. Fu una sorpresa anche per me. Ma parlando ancora di ciò che riguarda il mio iter compositivo, ci sono alcuni brani che a distanza di molti anni tornano in versione acustica. Li ho rifatti con strumenti acustici. Da questo punto di vista quindi anche quella produzione è stata strategica per me, sia in termini di stile che di "mancanza" di stile. C'è più di una somiglianza fra quanto scrivo oggi ed alcune di quelle composizioni, da un punto di vista ritmico, polifonico ed armonico.

All'interno del live EPIC THAT NEVER WAS hai inserito due pezzi "The Land Beyond the Sunset" e "La femme de nulle part" che hai eseguito dal vivo in Italia alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, accompagnando gli omonimi film. E' stata la tua terza sortita nel mondo delle "altre arti", dopo la colonna sonora che hai realizzato per THE BELLY of an ARCHITECT di Peter Greenway e il doppio disco MAXIMIZING the AUDIENCE, scritto per un balletto. Hai in previsione altre esperienze di questo tipo?
Ho realizzato molte più collaborazioni di quelle che hai ricordato, specialmente per il cinema. Specificatamente ho lavorato in Islanda, in Francia, ma anche altrove. Dipende dalle circostanze. Ho sempre accettato collaborazioni negli anni '80, e non solo per produrre musica.

A proposito di altre produzioni, al minimalismo musicale tu hai dedicato un saggio. Questa definizione stilistica ha ancora un significato dal punto di vista storico? Può ancora definire la tua musica?
WMJeremiades
In senso generale dalla metà degli anni Sessanta fino alla metà degli anni Settanta ci sono stati compositori "minimalisti" molto importanti dal punto di vista storico, perché la loro musica è stata una reazione molto intelligente alla cosiddetta "avanguardia" musicale dell'Europa Occidentale. Quanto oi a quel che può riguardare noi, me o te, lì è offerta una "informazione". Ma ognuno dovrebbere decidere da sè la propria direzione. L'importante è sapere che in un determinato momento, in un certo luogo, una certa musica è nata. Forse fra 10 anni o anche prima, altra gente userà la mia musica per altre cose (n.d.r. - uno dei suoi brani più famosi, "Struggle for Pleasure", è stato ampiamente saccheggiato dalla pubblicità, usato come sigla di programmi radiofonici e, addirittura, remixato in versione dance). E' stato sempre così e continuerà ad esserlo.

In chiusura è d'obbligo chiederti qualche altra anticipazione a proposito del nuovo album... Entro la fine di settembre tutto il materiale sarà spedito all'etichetta che lo pubblicherà (per l'Italia è la Materiali Sonori). Da qui in avanti per due o tre anni scriverò solo musica per orchestra e quindi fino ad allora non dovrei realizzare più nulla come solista.

Leonardo
Traduzione di Sandra PERAZIN.





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